di Bruno Guizzi
Gaeta – 2 settembre 2012

Sabato 1° settembre 2012 Mons. Sebastian Tudu, Vescovo di Dinajpur, ha avuto a Gaeta, presso il Santuario della Montagna Spaccata, un incontro con gli amici che, da vari anni, aiutano la sua missione. Mons. Sebastian Tudu, nato il 17 giugno 1967, è il più giovane Vescovo della Chiesa ed è anche il primo Vescovo di etnia Santal (i Santal sono un gruppo etnico di circa 10 milioni di persone, di cui 1 milione in Bangladesh, la maggior parte in India e piccole comunità in Nepal e Bhutan). La diocesi di Dinajpur è stata eretta nel 1927 e da essa si sono formate ben 4 diocesi, dopo la suddivisione del subcontinente indiano: due in India e due in Bangladesh (l’ultima: Rajshahi è stata eretta nel 1996). Prima di Mons. Sebastian si erano succeduti, alla guida della diocesi, tre Vescovi italiani, tutti del PIME (Mons. Taveggia, Anselmo ed Obert) e tre Vescovi bengalesi (Mons. Michael Rozario, Theutonius Gomez e Moses Costa).
Per avere un’idea della sua estensione basta pensare che è grande quasi come tutto il Lazio e con un numero di abitanti superiore a quello di tutta l’Italia centrale.
La diocesi ha 14 parrocchie e vari sottocentri, molto probabilmente il prossimo anno due di essi, entrambi con oltre 30 villaggi, (Moeshpur e Kudbir) saranno nuove parrocchie.
Sui suoi 16 milioni di abitanti i cattolici sono appena 50.000, per la grandissima maggioranza tribali, di etnia Santal, Orao, Mahali etc. Per tutti loro avere un Vescovo Santal è una dimostrazione di quanto anche loro, sfruttati o ignorati dalla classe dominante, sono “fratelli” con gli stessi diritti e doveri degli altri nel Regno. In tutto il Bangladesh, con i suoi 160 milioni di abitanti (80 milioni con meno di 20 anni!) su una superficie che è la metà di quella italiana, i cattolici sono appena 300.000! Ed i Musulmani che, alla suddivisione dell’India del 1947, erano il 52-53% ora superano l’85%!
Chiesa giovane, Vescovo giovane, ma Chiesa viva ed essenzialmente al servizio dei poveri e di chi è abbandonato, negletto e discriminato dalla società… e dalle strutture governative. Chiesa di minoranza, ma chiesa attiva; appartenere ad una minoranza crea naturalmente grandi problemi ma da anche senso di appartenenza, unione. Piccole chiese e cappelle (spesso polivalenti), sempre piene che, ahimé, mi fanno ricordare le nostre grandi chiese, troppo spesso vuote. Tanti villaggi, in cui se va bene il sacerdote riesce a celebrare la Santa Messa due, tre volte l’anno e che, con l’aiuto dei Prayer Leaders (Catechisti) seguono settimanalmente e con devozione la Liturgia della Parola. E, se si vuole andare a messa… a piedi per dieci-quindici chilometri in un villaggio vicino!
Mons. Sebastian ci ha parlato delle sfide e delle priorità della sua diocesi e, più in generale, della Chiesa del Bangladesh, in particolare dell’istruzione. E, scusatemi, non posso fare a meno di pensare alle nostre piccole beghe locali ed ai veleni di cui, in questi giorni si stanno pascendo social networks ed internet. La chiesa è sempre stata in primo piano nel campo dell’istruzione e tutte le parrocchie della diocesi hanno una scuola primaria, quattro o cinque di esse anche una scuola secondaria.
Su base nazionale le migliori scuole sono quelle cattoliche: alcuni furbastri hanno ben pensato, per ingannare i genitori, di dare a qualcuna di esse il nome di un santo, per delle scuole che di cattolico hanno purtroppo soltanto il nome e che, quanto a qualità, sono addirittura al di sotto delle scuole governative! Nella diocesi c’è inoltre una scuola professionale (la Novara Technical School) che è la migliore scuola tecnica del nord del paese e che con le sue sezioni di falegnameria, meccanica, elettricità, autofficina e recentemente anche edilizia e computer, permette a centinaia di giovani di entrare nel campo del lavoro, che per molti altri resta una chimera. Attualmente sono in corso contatti con il governo per il riconoscimento di alcune delle nostre scuole in quanto, non essendo registrate, e sebbene forniscano livelli di istruzione ben al di sopra di quelle governative, non godono dei privilegi delle altre (ad esempio libri gratuiti, riconoscimento dei titoli conseguiti etc).
Nel suo intervento Mons. Tudu ha poi parlato in particolare della parrocchia di Dhanjuri, in cui ha svolto i primi due anni del suo ministero (è stato ordinato sacerdote nel 1999 ed è subito andato lì, dove ho avuto il privilegio di conoscerlo già nel mio primo viaggio del 2001) tanto cara agli amici di Gaeta, anche perché vi è ancora attivo, per almeno metà settimana, padre Adolfo. Dhanjuri ha da poco celebrato i suoi cento anni di evangelizzazione e, recentemente, ha avuto notevoli sviluppi. Oltre alla Casa di accoglienza di Beldanga (per i giovani che studiano nelle scuole superiori governative, finanziata nel 2002-2003 dalla Caritas diocesana di Gaeta, con il contributo di molte parrocchie della nostra diocesi e di cui è praticamente completata la sopraelevazione), da qualche anno sono funzionanti il nuovo boarding per i bambini, la nuova scuola (dalla classe I alla X), fisioterapia e mense nel lebbrosario, il dispensario gestito dalle Missionarie dell’Immacolata etc. Gli amici di Gaeta (ma non bisogna scordare anche quelli di Milano, Padova, Roma etc) contribuiscono utonomamente (senza contributi di enti, fondazioni o istituzioni varie) da anni al Sostegno allo Studio di 300 e più bambini/e e, per questo, Mons. Tudu ha ringraziato tutti.
Molto attivo, durante la riunione, è stato anche padre Salvatore di Serio che, con sua quarantennale esperienza bengalese, ha voluto sapere dal Vescovo come sono cambiate le cose dopo il suo ritorno in Italia, avvenuto ormai 22 anni fa.
Un’altra priorità della diocesi è quella della salute. Oltre al Programma per l’eliminazione della lebbra (un ospedaletto a Dhanjuri e 17 ambulatori) esiste nella diocesi un Ospedale vero e proprio, il St. Vincent di Dinajpur. Si sta in questi mesi ottenendo dal governo l’abilitazione per 100 posti-letto (attualmente quelli registrati sono solo 20) ed anche il riconoscimento della Scuola per infermiere, che da modo a tante giovani di trovare un decoroso posto di lavoro nelle strutture sanitarie, governative o private, del paese.
Le dispute in materia di possesso della terra, in cui i poveri tribali si trovano spesso a combattere nei tribunali con funzionari corrotti e con documenti falsi, sono un altro campo di attività della giovane chiesa, così come le Cooperative di Credito (esistenti nelle varie parrocchie ben prima della tanto declamata Grameen Bank del premio Nobel Yunus) che in questi ultimi anni hanno avuto un notevole incremento.
Come ultimo, ma importantissimo, argomento Mons. Tudu ha parlato della formazione dei sacerdoti e delle suore, senza i quali la giovane Chiesa del Bangladesh non può progredire.
Attualmente sono ancora presenti nel paese oltre al PIME, operante essenzialmente nel nord; anche i Saveriani, i Missionari dell’Holy Cross (Santa Croce) e gli Oblati di Maria Immacolata.
Vari sono i Sacerdoti che sono stati aiutati nello studio da benefattori italiani e Mons. Tudu ha ricordato che anche lui, che ha cominciato la scuola a dieci anni e non a sei, come d’altronde la maggior parte dei coetanei del suo villaggio di origine, è stato uno di essi.
Ancor oggi sente il dovere di ringraziare chi lo ha aiutato, con le preghiere ma anche economicamente, nei suoi anni di seminario. Gli amici di Gaeta stanno attualmente aiutando due seminaristi, Manuel e Marcus ed hanno già avuto la gioia di vederne recentemente ordinati altri due: Peter ed Anselmo.
Dopo aver risposto a varie domande degli intervenuti (circa 150 persone, la sala dei missionari Martiri del Pime era gremita) Mons. Tudu ha celebrato la S. Messa, nella affollatissima cappella del Santuario, a cui anche il Coro della Montagna Spaccata, convocato in fretta e furia, ha voluto partecipare. Grazie Mons. Sebastian per il tempo che ci hai voluto dedicare, per l’amicizia e per l’impulso che ci hai dato nel continuare, nel nostro piccolo, la nostra azione missionaria.
A cura del Dott. Lorenzo Paliotta