L’Assessore Dr. Danilo Grossi, ha ospitato nella Biblioteca Comunale, sede dell’Assessorato alla Cultura, la presentazione del libro dell’On. Mario Michelangeli.
Ha detto ai numerosi presenti che la manifestazione si inquadra in un più ampio progetto di diffusione della cultura nella città di Cassino. Esso tende a valorizzare la creatività locale in un contesto senza confini.
L’obiettivo è quello di utilizzare tutti i moderni meccanismi delle nuove tecnologie multimediali per contribuire ad uscire dalla crisi e alla ripresa economica. La cultura come strumento fondamentale di confronto e di approfondimento delle risorse territoriali, talvolta nascoste, dei numerosi giacimenti storico-culturali della città di Cassino.
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PRESENTAZIONE A CURA DEL PROF. ERNESTO COSSUTO E DELLA PROF.SSA FLORIANA GIANNETTI
“Non può finire così” non è solo una storia di fantapolitica o un romanzo di un visionario, come potrebbe sembrare a d un primo approccio. E’ un’ampia riflessione su un’esperienza di vita reale e concreta , sugli ideali che hanno guidato tutta la vita di un uomo che ha creduto e crede nel comunismo nel socialismo e nella democrazia come presupposti per dare agli uomini una vita migliore e più degna di essere vissuta.
E’ l’esordio letterario di Mario Michelangeli . Egli non è un letterato di professione. Geometra prestato alla politica, di cui ha fatto una vera e propria ragione di vita, ma non politico di professione. Da sempre comunista .E’ nato nel 1957 ad Anagni. Nel 1971, a 14 anni, si iscrisse alla F.G.C.I. Lo conobbi in Federazione a Frosinone in quel periodo. Ero membro del Comitato federale del PCI. Il legame divenne più stretto perché continuai a frequentare Frosinone come membro della segreteria provinciale , mentre Mario bruciava le tappe della carriera politica , diventando a 23 anni, nel 1980, consigliere provinciale, allora il più giovane d’Italia e poi consigliere comunale ed assessore al comune di Anagni. Nel Partito eravamo orgogliosi di quel giovane, anche se con la sua esuberanza “eretica “e alquanto insofferente si poneva fuori degli schemi per la verità un poco rigidi del PCI di quegli anni. Quando nel 1991, nel congresso di Rimini, si sancisce a maggioranza la morte del P.C.I. e la nascita del PDS, ci trovammo dalla stessa parte con la mozione n.2 Per un vero rinnovamento del PCI e della Sinistra, che a conclusione del Congresso abbandonò al suo destino la mozione maggioritaria n.1 Dare vita alla fase costituente di una nuova formazione politica, che darà vita al PDS, DS, PD e poi chissà cos’altro. Fummo cofondatori di Rifondazione comunista e poi del PDCI. Intanto Mario divenne un esponente nazionale di R.C., ricoprì la carica di segretario di federazione , fu membro del C.c. , eletto segretario della Federazione di Napoli, fu assessore al comune di Portici; fu eletto deputato al parlamento . Divenne poi segretario regionale del PDCI e membro della Direzione nazionale , consigliere regionale del Lazio , ricoprì la carica di assessore. Attualmente è membro del C.c. del Pdci, alquanto disilluso dal P sembra, mantiene però viva la passione politica che trasferisce nella sua nuova attività di romanziere.
“ Non può finire così “, la sua opera prima, è stato definito da O. Diliberto che ne ha scritto la Prefazione un romanzo visionario, una storia di fantapolitica …….una storia di amori quelli che l’autore nutre per i propri familiari, per la propria compagna , per i propri amici ,per il partito, per il socialismo , per l’Italia. A prima vista sembra strano che Mario , comunista, pragmatico, sempre con i piedi per terra , che mai ha ceduto nella sua vita a tentazioni idealistiche astratte, faccia il suo esordio in letteratura con una storia di fantapolitica. Io ho cercato di dare una spiegazione a questo fatto, e ritengo che la scelta di Mario sia una scelta di coerenza . Cerco di spiegarmi. Mario in realtà è sempre stato un “visionario” o almeno lo è stato fino a quando non ha deciso di diventare un uomo dell’”apparato” politico. E cioè fino a quando ha scelto di stare dalla parte di chi in Rifondazione C. ha operato la scelta , a mio avviso politicamente sciagurata di esautorare Garavini e di consegnare il Partito al duo C.-B. che hanno ridotto la sinistra alternativa alle miserevoli condizioni attuali. Da allora Mario ha vissuto la vicenda politica come “ingessato”, ma non ha potuto resistere alfine a questa condizione che pure gli ha dato soddisfazioni personali. Alla fine, secondo me, è prevalsa prepotente l’esigenza di riacquistare la sua “libertà”, la sua vera natura libertaria , eretica, che è poi la vera natura dei comunisti che vogliono continuare ad essere tali. Ora mi permetterete qualche considerazione di carattere più generale. L’epilogo della attuale vicenda politica di Mario, il suo defilarsi dalla vita politica attiva, ha un significato in un certo senso emblematico. Non è certamente il solo che con una simile scelta in fondo vuole significare, più o meno palesemente, la sfiducia nei riguardi dei partiti come si configurano oggi , ma non nei riguardi della politica : un comunista è tale perché vuole cambiare il mondo e non smetterà mai di avere fiducia nella politica che è l’unico strumento che può permetterlo.Oggi viviamo una crisi profonda dei partiti. Di tutti i partiti: di quelli che ci governano e di quelli all’opposizione ( d’altronde oggi chi è all’opposizione?); ma la crisi la vivono ed in modo non meno drammatico anche i partiti cosiddetti alternativi e soprattutto i comunisti, che non riescono ad incidere pur in presenza di una profonda crisi di sistema: crisi generale politica, economica e sociale. Ma, come è testimoniato dal distacco sempre maggiore tra politica e cittadini, forse stiamo vivendo una drammatica crisi della stessa democrazia, di come essa si è concretizzata oggi. Ritengo sia necessario riscrivere le regole della democrazia, rifondare tra le altre cose i partiti che di essa sono elementi costitutivi. A cominciare dai partiti che non hanno rinunciato a costruire una società più giusta, libera e solidale.
In particolare , perché profondamente interessato , da comunista mi chiedo : quale il ruolo dei comunisti nel terzo millennio? Ritengo che i comunisti possano svolgere ancora un ruolo, anzi sono necessari , perché i motivi che hanno fatto nascere le loro idee , le loro proposte e le loro azioni ci sono ancora tutti: le ingiustizie , le disuguaglianze, le sopraffazioni, le violenze e le guerre non sono scomparse, anzi aumentano. Anche in Italia stiamo vivendo una crisi drammatica che si tenta di scaricare sulle spalle dei più deboli.Cosa fare? Deve finire così? Con Mario rispondo che non può finire così. Occorre aggiornare gli strumenti, le analisi, le strategie. E la strada , a mio avviso è difficile ma un sentiero è già tracciato . Mi vengono alla mente l’ apologo dell’esploratore del deserto, e quello dello scalatore ( Marx- Zizek). Strade nuove quindi. Negli anni cinquanta del secolo scorso cominciò ad essere conosciuta la ricerca di Galvano della Volpe, un marxista “eretico”, non leninista. Quello di Della Volpe era un marxismo non dialettico, non dogmatico e non ortodosso, come si può ben vedere nella sua opera più nota la “Logica come scienza positiva” (1950). Il pensiero marxiano come via d’uscita dalle forme di dogmatismo a priori, un allargamento della ragione verso la positività e la ricchezza del reale. Così il marxismo veniva agganciato alla ricerca concreta delle scienze e se ne metteva in crisi l’impianto ideologico ufficiale ( il famoso DIAMAT). Per questi motivi Della Volpe fu emarginato. Oggi si può dire che , aldilà delle intenzioni stesse dell’autore,il pensiero di della Volpe aveva un effetto dirompente per gli schemi marxisti dell’epoca ( leninisti e stalinisti). Cadde però in Italia nel dimenticatoio. Il marxismo “eretico” ebbe più fortuna in Francia, grazie alla ricerca di filosofi come Althusser, Deleuze, Derrida che elaborarono le teorizzazioni del cosiddetto materialismo dell’incontro, che si inserisce in un filone di pensiero che va dagli atomisti dell’antica Grecia ( Democrito ed Epicuro), a Lucrezio, a Machiavelli,e poi a Spinoza, Rousseau,fino a giungere a Wittgenstein e ai contemporanei francesi che ho citato prima ( ragguardevole la raccolta di scritti di Althusser “Sul materialismo aleatorio” (Unicopli- Milano). In Italia si inseriscono in questo filone le opere di Antonio Negri (Impero,soprattutto) e le elaborazioni che ispirano i movimenti e le associazioni che lottano per i beni comuni e per i nuovi diritti.
Per concludere, ritengo che oggi il comunismo debba essere considerato qualcosa di più che una scelta politica , di una linea e di un partito politico. Il punto è dunque questo : Comunismo dice molto e dice qualcosa anche oltre il significato politico, comunismo è un principio di attivazione e, insieme , di limitazione della politica. E’ ciò che conferisce al politico un requisito assoluto: l’esigenza di aprire uno spazio comune a ciò che è comune stesso, cioè né per il privato né per il collettivo. Non è una ideologia , bisogna togliere al comunismo il suffisso “ismo”. Il “comune” quindi ,inteso come l’elemento, il medium dell’esistere, in quanto con-vivere ( vivere cum alla latina, vivere assieme agli altri) . E questo non è politica è ( direbbero i filosofi) ontologia, cioè è il carattere generale stesso dell’essere umano. Infine voglio tornare a Mario Michelangeli. Io penso che la scelta di defilarsi gli abbia fatto riacquistare la sua identità, come già dicevo: quella di un visionario, quella, per dirla con il Diliberto della prefazione, di un evocatore di visioni, di immagini, di suggestioni con un unico obiettivo: una società più giusta, più libera , più solidale. Buona fortuna, Mario, per questo nuovo impegno.
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PREFAZIONE DI OLIVIERO DILIBERTO
Visionario. Questo è l’aggettivo che mi è venuto in mente – senza esitazione – dopo aver letto questo libro di Mario Michelangeli. Visionario nel senso etimologico della parola, evoca visioni, sprigiona immagini, propone suggestioni. Visionario perché ci avvolge nella lettura: e la lettura si interseca su almeno tre piani, che si rincorrono a vicenda – verrebbe da dire: giocano a rimpiattino tra loro – nella trama del romanzo. Romanzo, poi? Forse anche romanzo. Saggio politico, thriller, amore.
Tre piani, dunque. La politica, narrata con esperienza e ironia, nel cortocircuito determinato, ai giorni nostri, dall’intreccio perverso partiti-media. Questi ultimi possono di volta in volta inventare, esaltare, ma anche distruggere, cancellare, a seconda delle circostanze e degli interessi, questo o quel personaggio, questo o quel partito. Il protagonista del libro sa sfruttare questo cortocircuito, lo conosce, lo domina (un po’ ne è anche dominato, ma, leggendo il testo, si capisce che è comunque sempre un dare e avere reciproco). Ne fa un trampolino di lancio. Poi, fa tutto da solo. Crea un partito, letteralmente ribalta tutti i luoghi comuni (verrebbe da dire, i tabù) dei comunisti, propone una piattaforma con la quale stravince – da solo – le elezioni, governa, subisce un colpo di stato, attentati alla sua persona. Visionario, appunto. Ma credibile, se si sta al gioco, se si segue la trama e se la si asseconda, noi avidi lettori anche di polizieschi.
Ma la politica si intreccia alla vita e agli amori. Entrano in scena i rapporti tra due famiglie, quella di prima e quella seguente alla separazione: con le complicazioni del caso, soprattutto tra due donne e i figli. E’ la parte meno scontata e più intima. Anche più dolce. Forse la più autobiografica, dunque maggiormente intensa e partecipata.
Politica, dunque, famiglia e amori: ma anche – terzo piano di lettura – una comunità. Quella di chi un partito lo aveva già, ne fonda un altro, ma non rinnega, non dimentica: è, appunto, la sua comunità, famiglia allargata, amicizie di decenni, solidarietà che travalica gli interessi del momento e fa ricongiungere – nella finzione del romanzo, ma si comprende che si tratta dell’auspicio reale dell’autore – persone che hanno alle spalle rotture forse insanabili nella vita reale: ma la finzione narrativa consente anche questo.
Si respira, insomma, aria di famiglia. E chi ora sta “recensendo” il testo di Michelangeli (e che ben lo conosce, e gli vuol bene) ne avverte tutta la complessità e la passione.
Comunisti. Comunismo. Parole complicate da declinare, qui ed ora, nella vecchia Europa e in questa Italia esausta: tra comunisti inventati come spauracchio, ex, post, pentiti di ogni genere e risma: ma anche con alcuni irriducibili, forse romantici, ma non piegati dalle “dure repliche della storia”.
Nel libro si respira anche questo senso di irriducibilità, ma nella consapevolezza che tutto debba cambiare – non gattopardescamente, ma realmente – affinché tutto possa rivivere e provare la rivincita – verrebbe da dire – nei tempi supplementari della storia.
Si legge con gusto ed anche con una sorta di retrogusto personale, per chi conosce quanti, tra i protagonisti, sono facilmente riconoscibili: donne e uomini che esistono realmente e che Michelangeli mette in scena facendo fare e dire loro quello lui auspica essi dovrebbero, appunto, dire e fare: e che, ovviamente, nella realtà, si guardano bene dal dire e dal fare.
E’ un sogno demiurgico che accomuna il nostro autore a molti altri del nostro tempo, che mescolano con abilità realtà e finzione, storia vera e romanzo, per ottenere un effetto straniante nel lettore, che non sa più dove finisce l’una ed incomincia l’altra. Gli esempi sarebbero molteplici: uno su tutti, Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo. Banda della Magliana, servizi segreti, intrecci perversi con i peggiori livelli della politica italiana del tempo, storie personali e familiari, amicizie che finiscono nel sangue, sino al cupiodissolvi finale: shakespearianamente, nel sangue, come novelli Macbath. E tu lettore non sai mai quanto di ciò che De Cataldo scrive è tratto dalle carte processuali che l’autore – giudice nella vita reale – ben conosce, e quanto viceversa è frutto della sua capacità affabulatoria.
Un bel libro, questo di Michelangeli. Lo dice chi ne è, al contempo, modesto recensore, ma anche involontario, lusingato personaggio : responsabile, quindi, sicuramente di ciò che scrive nella recensione, ma del tutto innocente per quanto Michelangeli gli fa fare nelle pagine che leggerete.
Oliviero Diliberto
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