L’intervento del Sindaco Bartolomeo:
Ringrazio tutti i presenti, i nostri ospiti, il sindaco di Lenola, le autorità civili e militari presenti, i presidi del nostro storico liceo classico. Un ringraziamento particolare ai figli di Ingrao, Bruna e Guido, in rappresentanza del padre. Prima del consiglio, mi hanno detto che non appena saputo del consiglio, lui ha detto: “Vengo anche io”. Nonostante 10 anni fa abbia nella sua enorme modestia voluto dire che la cittadinanza onoraria non è importante ma è importante la testimonianza che vi porto della passione che ho, creod che sarebbe con noi con grande gioia. Ringrazio un amico comune, mio e di Pietro, Marrigo Rosato, che attraverso il suo impegno costante e della sua organizzazione, la Confcommercio, si sta molto spendendo per fare in modo che questa provincia, insieme ai comuni di formia, lenola, fondi, roccagorga e gaeta, partecipino a questo arco di festeggiamenti. Dissi allora le stesse parole che direi oggi. Vorrei solo aggiungere una riflessione di carattere più attuale.
Pietro è arrivato alla soglia del secolo. E’ un testimone straordinario del ‘900. Un secolo drammatico, scandito da due guerre mondiali. Quando descriveva i colori della città, le atmosfere, la spiaggia di Vindicio, parlava di Gianola, sono luoghi amati anche oggi da tutti noi. In quelle straordinarie immagini degli anni ’20 e 30 io pensavo con una certa angoscia cosa si sarebbe scatenato in quella città di lì a qualche anno. Quelle immagini di serenità e di pace che trasmettevano quei giardini che finivano a mare, le nostre coste. Le atmosfere, i cieli tersi di questa città. Di lì a qualche anno la città sarebbe stata investita da una distruzione pazzesca. Gli eccidi della costarella, di Santa Maria la Noce, i bombardamenti di Piazza Risorgimento, la morte di giovani formiani. Vorrei che questo ricordo fosse sottolienato da noi presenti. Noi siamo in una sala intitolata a Ernesto Ribaud, un giovane che stava organizzando gruppi di resistenza all’oppresione nazista. Fu ucciso nella galleria tra Formia e Gaeta. APPLAUSO. E’ stato un testimone silenzioso. Aveva poco più di 20 anni. Quest’anno ricorre il 70esimo anniversario della liberazione dall’occupazione nazifascista. Non è un cas, è un’occasione bella che la cittadinanza a Pietro Ingrao venga nello stesso anno dei 70 anni di liberazione. Quelle idee, quelle intuizioni nate qui nelle stanze di questo palazzo e che hanno poi così fortemente condizionato la sua esistenza sono state le stesse idee che hanno portato il popolo italiano a riprendersi la libertà che gli era stata legata. Formia è grata ad Ingrao dell’affetto. Noi non dimentichiamo questo suo sentimento. Ho avuto modo di ascoltarlo personalmente. Ricordo una bella serata a casa di Vittorio Foa. Pietro venne con la moglie Laura. Trascorse quasi l’intera serata a parlare di Formia e dell asua giovinezza a Formia. Qui nacque un grande percorso di un’esistenza incredibile che continua ancora. Termino: altri 100 anni caro Pietro di questa vita, grazie per tutto quello che ci hai dato. Per questo chiedo al Consiglio Comunale di votare la cittadinanza onoraria ad Ingrao
Il ricordo di Pietro Ingrao:
Ho abitato al primo piano di questo palazzo. Conobbi Formia alla fine degli anni ’20. Io studiavo a Santa Maria Capua Vetere. Ci trasferimmo a Formia. Mia nonna era molto anziana. Era una donna coraggiosa che aveva sposato un garibaldino. Mio padre da Santa Maria volle avvicinarsi a Lenola per essere più pronto a soccorrere la mamma se fosse stata a rischio o in pericolo.Vengo qui negli anni ’20 quando mio padre si era già insediato come segretario di questo comune.
Ricordo la continua presenza del mare. Sul davanzale del Comune, guardavo il mare. Ricordo gli amici. Facevamo lunghe passeggiate, sia andando verso Itri, la strada della tomba di Cicerone, sia andando verso Scauri e il promontorio di Gianola. Allora non c’era nessuno, c’era qualche albero e silenzio. Si facevano dei bagni stupendi. C’era un fiumicello. Fare un bagno in quel fiumicello e poi sdraiarsi sulla spiaggia.. Era stupendo. Ricordo degli inverni smaltati, un sereno straordinario, via Vitruvio quasi vuota, adagiarsi sulla villa comunale, scendere fino a Mola, era una cosa che mi dava una grandissima emozione.
Mi piaceva il cinematografo, la letteratura (Leopardi, D’Annunzio). Avevo scoperto qui per conto mio la letteratura degli anni venti, le riviste fiorentine (Solaria), il gruppo cattolico di Firenze del Frontespizio e poi la rivista Circoli di Adriano Grande. Conobbi poi Ungaretti, Montale, Barbaro, i poeti fiorentini. Venni crescendo in una cultura molto legata alla poesia. Mi dispiaceva che a scuola ci si limitava a Manzoni e Carducci. Ebbi coraggio e fui aiutato da amici e coetanei che andavano a scuola con me.
I primi germi dell’antifascismo li ho incontrati nel liceo formiano che non posso dimenticare. Vorrei che la città di Formia custodisse il ricordo di queste cose. C’erano due professori di filosofia che furono uccisi alle Fosse Ardeatine. Uno era Pio Albertelli. Parlava di Platone e Socrate, poi si fermava e ricominciava la lezione, con una grande autenticità. Con lui ho fatto tante volte la passeggiata in via Vitruvio. E’ dalla bocca di Albertelli che ho sentito per la prima volta il nome di Lenin. Scoprivo così il ‘900. L’altro professore di formazione ancora più forte era Gioacchino Gesmundo. Era crociano e anarchico, una mescolanza curiosa. Lui ci mise un libro di testo l’estetica di Croce, una cosa di grande audacia. Croce era nemico del Partito. Ci accompagnava in queste passeggiate con grande schiettezza faceva la sua predicazione antifascista. Ricordo anche un’altra insegnante, Rita Alessi. Ci insegnava storia. Ci faceva lezioni anche di italiano. E’ con lei che ho scoperto Dante.
Sono stati anni in cui si è mescolato la dolcezza dell’adolescenza. Guardavamo il mare dalla villa comunale, oppure il lido della Mola dove c’erano le barche dei pescatori, l’insenatura che sta sotto villa Rubino, sembrava separata dal resto. Formia era bellissima nei mesi che si avvicinavano alla primavera.
Ricordo i bagni di Vindicio che era diverso rispetto a quello di Serapo. Vindicio era la calma assoluta, facevamo i tuffi. Era ad un punto tale che la campagna, gli agrumeti si mischiavano con l’azzurro del mare. Non era un mare blu, era azzurro. Leggevamo il giornale, la terza pagina. Lì ho conosciuto la letteratura dell’Europa. Venne poi la crisi del ’36, la Spagna invasa da fascisti e nazisti. Speravo di diventare un cineasta. Avevamo stretto amicizia con Luchino Visconti, incontrato ad Ischia. Era sorta amicizia e collaborazione, preziosa per noi non solo perché il cinema ci piaceva tanto ma anche perché rappresentava un nuovo linguaggio moderno.
Questa città mi ricorda i pomeriggio silenziosi, quel mare che sembrava amico, sembrava chiamarmi, calmo, raramente tumultuoso. In questi luoghi e in questo Liceo, qui ho cominciato a conoscere l’Europa. Questo liceo aveva tanti difetti ma iniziò ad aprirmi gli occhi sul continente, sulla tragedia che poi coinvolse il continente e il mondo intero. Fosse solo questo, basterebbe a stringere un legame che non si può assolutamente cancellare. Io facevo queste scale ogni mattina. Mi alzavo la mattina correndo per arrivare in tempo a scuola.
Non dimentico mai gli errori dell’Unione Sovietica e di Lenin e Stalin. Quanto è prezioso quel seme, quel germe che ho conosciuto qui a Formia. Mi ha preparato alla parte più bella della storia italiana, quella della Resistenza che portò alla morte quei due professori che a scuola mi avevano aperto le porte della politica.
Il Liceo è stato luogo di formazione, tappa nella mia vita, costruzione di una fede civile.
Il Direttore Dott. Sergio Monforte